domenica 16 ottobre 2011

15-10-2011 | Il nero è il colore dei vigliacchi

Anche ReRePre era alla manifestazione di ieri, questo il racconto di una di noi:


Permettere a cento ragazzini sconosciuti di farti avere paura. Permettere che decidano per  200.000 uomini e donne e per te, che da 35 anni lotti per la casa, l’istruzione, il lavoro. Da solo o in compagnia. A te hanno detto che la parola “compromesso” è una parola non bella, te la immagini e ha la faccia antipatica di un Tremonti qualunque. Per questo sei lì a manifestare. Così tutta la vita hai fatto compromessi, e compromesso dopo compromesso hai lottato. E lotta dopo lotta ti sei trovato con un megafono e duecento copie di un racconto prezioso, Mattino bruno di Frank Pavloff. Avevi deciso di leggerlo alla gente, e di regalare quelle duecento copie. Piaceva a te e ai tuoi compagni, l’idea che la gente sarebbe tornata a casa dalla manifestazione più importante degli ultimi dieci anni con una piccola storia rivoluzionaria di sole 30 pagine che le avrebbe raccontato quanto è pericoloso spegnere i cervelli. Non è andata così. Non c’è stato il momento.
Quando ti sei guardata intorno per vedere dove distribuire i tuoi stupidi libretti, un gruppo di ragazzi, quelli che ogni tanto ti danno pure del lei in tram, si sono coperti la faccia senza neanche sapere che esisti. Ma non eravamo una moltitudine?  Io pensavo che avessero visto i poliziotti caricare e si coprissero per difendersi, ma lì vicino c’era poco o niente di blu. Invece è montata un’onda nera. A me il nero non è mai piaciuto. Francesca vicino a me mi ha detto «Andiamo». L’ho sentita tirarmi nervosa.  Alle manifestazioni sorrido sempre, mi si è spento il sorriso sulla faccia ma non riuscivo a staccare gli occhi. Avevo visto spaccare vetrine solo in televisione, non riuscivo a scappare. Era come quando vedi un morto per strada, che è una cosa orribile ma sotto sotto non riesci a distogliere lo sguardo. Non riuscivo a staccarmi. Dalle vetrine rotte volava di tutto: a un certo punto era un carosello di carne confezionata che a parabola planava sulla folla. Abbiamo avuto paura, siamo scappate. La gente scappava e imprecava. Davanti loro a spaccare tutto, dietro il muro della polizia. Chiuse in mezzo. Con la rabbia di essere la maggioranza ma non poter scegliere.
Un barbiere ci ha dato rifugio nel suo negozio. Siamo riuscite a non far tremare le mani e a tornare coi nostri libri da regalare in mezzo alla gente. Tempo cinque minuti un altro blitz di questo agglomerato di gente senza faccia, tutta nera, che avanzava con arroganza, senza occhi. Vi ricorda qualcuno?
Di nuovo la paura. Un ragazzo si prende un pugno in volto perché ha la “faccia” da digos. Certo, almeno però lui una faccia ce l’aveva.
Avanti così, tutto il tempo, a smettere di sorridere, a scordarsi la lotta perché troppo presi a guardarsi le spalle. La paura, a cadenza di cinque minuti.
Io vi odio. Ho diritto di odiarvi, perché soffro e lotto da più anni di voi, che siete piccoli e non capite un cazzo. L’avete dimostrato oggi, coprendovi il volto e approfittando di noi per fare i teppisti da quattro soldi. Tra poco tornerete a casa, e con ogni probabilità sarà una casa affittata a nero con affitti quelli sì da rivolta. e per questo fino ad ora non avete fatto niente. Oppure tornerete a casa dai vostri genitori e non gli direte neanche che avete passato il pomeriggio a spaccare tutto. E che tra due giorni chi vi comanda avrà ripulito tutto e riderà di voi. Purtroppo anche di noi, sempre per colpa vostra. Ma sarete troppo contenti di avere spaccato tutto.
Io vi odio. Oggi ci avete fatto paura, perché eravate forti di noi stessi. Per questo vi odio, perché vi siete nascosti in mezzo alla nostra manifestazione per sfogare i vostri stupidi istinti. Voi siete senza perché. Siete corpi senza testa. Senza occhi. Siete le mani e i piedi di quelli che odiate. Non avete il dono della parola, sapete solo picchiare, anonimi e stupidi. Non servite a niente.
Siete vestiti uguali, vi muovete e agite solo in gruppo. Lo facevano anche settant’anni fa, nelle stesse strade. Se qualcuno non era d’accordo con loro lo picchiavano e lo umiliavano. Siete i peggiori dei fascisti, quelli che scavalcano i secoli e rovinano il mondo. Sono felice di non essere vostra sorella. Sennò sarei costretta ad aspettare uno di voi  a casa, quando rientra, da solo.
Almeno potevate scegliere un altro colore per esistere.
Il nero è il colore dei vigliacchi.

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